Tecnica: Akrapovic mette le ali alla Panigale

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    Alessandro Zanardi oggi sul circuito internazionale di Monza ha vinto una nuova sfida tornando ad assaporare il piacere di guidare una motocicletta grazie all'iniziativa di Riders Italian Magazine e BMW Motorrad Italia. Alessandro, dopo aver trovato la corretta posizione in sella e verificato la funzionalita dei servocomandi, sviluppati dalla Guidosimplex, per intervenire manualmente sul cambio e sull'impianto frenante della HP2 Sport, ha inanellato una serie di giri, migliorando in un crescendo di emozioni la performance e il divertimento.

    Alessandro Zanardi alla fine del turno ha dichiarato "Grazie agli amici di Riders che hanno coinvolto il sottoscritto e BMW Motorrad Italia in questo tentativo apparentemente complicato, ho vissuto una giornata fantastica che mi ha permesso di riassaporare sensazioni così belle, che non ricordavo. Spero ci sia una prossima puntata perché se la HP2 Sport mi ha fatto divertire così tanto non immagino quanto possa fare la S 1000 RR ..."

    La normativa attuale, grazie all’abrogazione del 5 comma dell'art. 327 del codice della strada che impediva il rilascio o la conferma della patente per conducenti con minorazioni agli arti, consente dal 2003 ai portatori di disabilità più o meno gravi di tornare alla guida della moto. Per salire in sella serve il parere positivo di un comitato tecnico/medico (art .119 cds).


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    Ezio Rosboch è il titolare e preparatore della Ros Moto Racing Products di Leinì (TO). La sua SR 744 R ha un numero dei componenti che la costituiscono ridotto al minimo ed ogni sua parte è stata progettata all’insegna della massima leggerezza. La moto nasce nel 2005 con il nome di SR 744 sulle ceneri della SV 744, moto che, condotta da Franco Cristiano, nel 2005 si aggiudicava il secondo posto della classifica piloti del Campionato Italiano Supertwins, e il primo gradino del podio nella Classifica Scuderie. Da allora la moto è stata sottoposta ad un’evoluzione continua (e tuttora in atto) fino a giungere all’attuale versione “R”. Purtroppo, in seguito ad un temporaneo allontanamento di Rosboch dalle corse, la moto dal 2006 ad oggi ha fatto solo qualche sporadica comparsa nei campionati europeo ed italiano. Nella stagione 2009 la SR 744 R è tornata a correre nel Campionato Italiano Supertwins con il pilota svizzero Gabriele Vetro.
    REGOLAMENTO SUPERTWINS Il regolamento della categoria Supertwins è davvero poco restrittivo: i propulsori devono essere bicilindrici 4T aspirati, la cilindrata è libera per tutte le moto con motori 2 valvole, il cui peso non deve essere inferiore a 135 kg. Per le moto con motori a 4 valvole, invece, la cilindrata massima consentita è di 760 cc e il peso minimo ammesso è di 125 kg. Per tutti è vietato l’impiego di magnesio e compositi per la realizzazione di telaio, forcellone e perni ruota e non è consentito l’utilizzo di controllo di trazione e del sistema di distribuzione desmodromico nella sua interezza. A patto che si rispettino questi pochi “paletti”, tutto è lecito.
    MOTORE Per realizzare la sua Supertwin, Ezio ha scelto il motore della Suzuki SV650 ad iniezione, un’unità leggera e affidabile. Il propulsore SR 744 R, in realtà mantiene ben poco di quello di serie da cui è derivato: solo il cambio e i carter motore. La cilindrata è stata portata a 744 cc (di qui il nome della moto) per mezzo di nuove camicie dei cilindri di diametro maggiorato e di pistoni con alesaggio di 87 mm, (anzichè 81 mm) prodotti dalla astigiana Pistal Racing su specifiche di Ezio. Il manovellismo ha subito interventi radicali, con l’alleggerimento dell’albero motore, sostituzione delle bielle originali con delle Carrillo in acciaio ed una fine equilibratura generale. Alla ricerca di un miglior rendimento termico e volumetrico, poi, sono stati lavorati i condotti di aspirazione e di scarico e le sedi delle valvole, sono state montate nuove valvole dal diametro maggiore e camme dal profilo più spinto. L’alimentazione è affidata ad una coppia di corpi farfallati da 50 mm di una Suzuki TL 1000 gestiti da una centralina aggiuntiva Power Comander. L’impianto di scarico, in titanio con doppio silenziatore in carbonio, è realizzato da Fabrizio Fresco della FF, sulla base di una “brutta copia” in acciaio costruita e selezionata da Ros in seguito a numerosi test al banco. Infine, la frizione è dotata di molle più rigide. Così modificato, il motore ha fatto rilevare al nostro Centro Prove una potenza di 86,82 CV a 9.750 giri e una coppia di 7,14 kgm a 8.000 giri (alla ruota), mentre la compressione dichiarata dal preparatore è di 13,5:1.
    CICLISTICA Il telaio a traliccio è realizzato da Rosboch in tubi saldati di acciaio al Cromo Molibdeno da 25 mm (diametro esterno) e 1,5 mm di spessore. L’inclinazione del cannotto di sterzo è di 22°. Anche le piastre di sterzo e le pedane sono di sua produzione, e sono realizzate partendo da blocchi di leggerissimo ergal. I telaietti sono in alluminio. La forcella è una Marzocchi USD da 43 mm ritirata con molle Hyperpro e affinata nell’idraulica con elementi del catalogo della Ros Moto Racing Products e olio SAE5W. Il monoammortizzatore è un Duble System ad aria imperniato al forcellone di una SV650 modificato con una capriata di rinforzo. Questo prossimamente sarà sostituito da forcellone in alluminio scatolato, che è già pronto, ma deve ancora essere montato. I cerchi sono Marchesini in magnesio e montano coperture Metzeller Racetec in mescola nelle misure 120/70 -17” e 180/55-17”. Le carenature sono quelle di una Honda RS 125 GP.
    PROVA IN PISTA La posizione in sella è quella di una vera moto da corsa: le pedane sono alte ed arretrate, la seduta è spaziosa e consente di accucciarsi comodamente sotto il cupolino anche se non si è di piccola statura. Il serbatoio è ben stretto tra le gambe. Stupisce il ridotto tasso di vibrazioni, ottenuto grazie all’omissione di uno degli attacchi tra le testate e il nuovo telaio a traliccio. Nei curvoni veloci che percorriamo a moto piegata, la SR 744 R dà prova di grande stabilità e segue la traiettoria impostata senza il minimo sussulto della ciclistica. La sensazione data dal mono “ad aria” è quella di maggior prontezza nel trasmettere informazioni sull’asfalto rispetto a quella fornita da un monoammortizzatore convenzionale, forse per via dell’assenza della molla, che ha maggiore inerzia rispetto ai gas che lavorano nel Double System. Questo tipo di ammortizzatore richiede però qualche accortezza in più: le regolazioni fatte prima di entrare in pista devono tener conto del riscaldamento (e quindi la dilatazione) dei gas, dovuto alla vicinanza dell’ammortizzatore allo scarico, ed il conseguente irrigidimento della sospensione. Lanciando la moto sul rettifilo del circuito di Monza abbiamo tutto il tempo di apprezzare le doti del cambio, che ha corsa corta ed innesti precisi; ad ogni cambiata il motore ha un calo di giri ridottissimo ed i primi cinque rapporti sono ben spaziati fra di loro. Il limitatore è posto a 10.000 giri, ma già a 9.000 la spinta si affievolisce e non conviene insistere oltre. Nelle varianti, peso e quote ciclistiche ben lontane da quelle di una moto “stradale” e più simili a quelle di una 250 GP permettono ingressi in curva rapidissimi pur con una pressione minima sui semimanubri e sulle pedane. In accelerazione la moto tende ad impennarsi nonostante la rapportatura lunga scelta per il circuito brianzolo. In staccata il peso contenuto solletica appena la Marzocchi: i trasferimenti di carico sono ridotti e la moto mantiene un assetto “neutro”, consentendo al pilota di entrare in curva senza attendere troppo tempo prima che la forcella si riassesti. Questa è una caratteristica che fa risparmiare tanto tempo negli inserimenti, a cui seguono percorrenze millimetriche e accelerazioni sicure, grazie al grip offerto dalle Metzelerer in mescola e alla buona trazione.


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    Casoli (CHIETI) 5 gennaio 2010 – Metrakit Italia organizza il nuovo campionato “Trofeo Italia preGP 125”, approvato dalla Federazione Motociclistica Italiana e dedicato ai piloti di età compresa fra i 14 e i 17 anni. Si corre con moto Metrakit di 125 cc: le preGP 125, che saranno assegnate ai partecipanti attraverso un sorteggio. Si tratta di una serie ideata per avviare al mondo delle corse i piloti più giovani, che, successivamente, intendano passare a categorie maggiori, fino eventualmente ad arrivare alla Classe 125 GP. Il trofeo sarà disputato in concomitanza con la Coppa Italia 2010, sui più importanti circuiti italiani, e offrirà una grande visibilità ai piloti emergenti. Saranno ammessi un numero massimo di 18 partecipanti. Il costo, tutto incluso e moto compresa, è di 15.000 euro più IVA.
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    Per il momento è solamente virtuale, ma il progettista non esclude che questa moto, un po’ scrambler, un po’ rétro, possa essere prodotta. Nata come esercizio di stile, è una moto estremamente avveniristica con motore automobilistico. È il sogno del designer Ian McElroy della Rogue Moto, che prevede di produrla presto, se riuscirà a trovare un finanziatore. Il motore, un potente 4 cilindri boxer di 2.500 cc, sovralimentato turbo e capace di 300 CV, è quello della Subaru WRX. Le sospensioni prevedono due forcelloni monobraccio: il posteriore ha un monoammortizzatore che lavora in trazione, montato orizzontalmente sotto il motore, come sulle Buell; quello anteriore invece sfrutta un sistema sterzante concettualmente simile a quello di Bimota e Vyrus. Essenziali le sovrastrutture, limitate al gibboso serbatoio in alluminio satinato e ad una sella monoposto, sorretta da un telaietto in fibra di carbonio.

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    Il ritorno di fiamma è dannoso sia per il funzionamento del motore che per la sua integrità. Il ritorno di fiamma è un’anomala combustione che avviene al di fuori della camera di scoppio e più precisamente nel condotto di alimentazione o nel condotto di scarico. Questo fa già capire che quando si verifica un tale inconveniente vi è un malfunzionamento del motore. Le cause sono da ricercarsi nell’impianto di alimentazione o di accensione o di distribuzione. In altre parole in un cattivo funzionamento del carburatore, in una non corretta fasatura dell’accensione o in un difetto di chiusura delle valvole.



    Il ritorno di fiamma nel condotto di alimentazione è certamente più pericoloso, perché si potrebbe incendiare il carburante con effetti bene immaginabili. Ciò può accadere quando la valvola di aspirazione non chiude perfettamente perché usurata o anche perché il gioco o l’anticipo di apertura sono mal regolati. In questo caso il fronte di fiamma che si ha durante la combustione può passare attraverso l’apertura della valvola di aspirazione ed arrivare ad incendiare la miscela nel carburatore. Il fenomeno può anche presentarsi durante l’avviamento a freddo a basse temperature con lo starter inserito. In questo caso, causa la bassa temperatura, si può avere una forte condensazione di carburante sulle superfici dei condotti di aspirazione a monte della valvola, così la miscela che arriva alla camera di scoppio è molto magra (povera di benzina) e brucia lentamente innescando la combustione anche nella miscela, più grassa, che si trova oltre la valvola di aspirazione.



    Il ritorno di fiamma nel condotto di scarico invece si manifesta principalmente durante la marcia, quando si utilizza il freno motore per rallentare. In queste condizioni si ha un forte smagrimento della miscela nella camera di combustione a causa della marcia con la valvola del carburatore chiusa con conseguente mancata o lenta accensione della miscela. Si può verificare così un accumulo di carburante nel condotto di scarico che si incendia quando si inizia a dare gas e l’effetto di evidenzia con sonori scoppi allo scarico.


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    Nuova legge sulle possibilità di elaborare

    Il DDL 1720 sulla Sicurezza Stradale dà una stretta alla possibilità di elaborare i motocicli. Con l’Art. 8 punisce sia il conducente del cinquantino preparato, sia il meccanico che sia colto in flagranza mentre provvede alle modifiche necessarie per elaborare il veicolo, attività che ai sensi della legge è considerata una manomissione. L’Art. 8 è un emendamento dell’Art. 97 del C.d.s. “in materia di sanzioni per ciclomotori alterati e disposizioni in materia di circolazione dei ciclomotori”. In particolare, la lettera a) del comma 1 dell’Art. 8 modifica quanto è attualmente prescritto dal comma 5 dell’Art 79: “Chiunque fabbrica, produce, pone in commercio o vende ciclomotori che sviluppino una velocità superiore a quella prevista dall'art. 52 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 78 a euro 311. Alla stessa sanzione soggiace chi effettua sui ciclomotori modifiche idonee ad aumentarne la velocità oltre i limiti previsti dall'art. 52”. Il comma 1 dell’Art. 8 sostituisce infatti la sanzione da 78 a 311 euro per chi vende un veicolo non conforme alle norme della circolazione, portandola ad un valore “da euro 1.000 a euro 4.000” e fa pagare caro (più della cifra da 78 a 311 euro prevista sino ad oggi) anche il meccanico: “Alla sanzione da euro 389,00 a euro 1.556,00 è soggetto chi effettua sui ciclomotori modifiche idonee ad aumentarne la velocità oltre i limiti previsti dall’articolo 52”. Dovrà pagare più caro anche il conducente di un cinquantino elaborato. Oggi, infatti, il comma 6 dell’art. 79 prescrive: “Chiunque circola con un ciclomotore non rispondente ad una o più delle caratteristiche o prescrizioni indicate nell'art. 52 o nel certificato di circolazione, ovvero che sviluppi una velocità superiore a quella prevista dallo stesso art. 52, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 38 a euro 155”, ma la lettera a-bis) del comma 1 dell’Art. 8 eleva la sanzione ad una cifra che va “da euro 148 a euro 594”.
     
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    TORSEN WD è la nuovissima serie di forcelloni per tutti gli scooter che montano motore Piaggio e Minarelli 50 cc. Il forcellone TORSEN WD, caratterizzato dalla sua forma a capriata, irrigidisce il carter motore evitando flessioni anomale che, sui motori più performanti, possono portare alla rottura del carter motore.

    Un cuscinetto di supporto esterno al perno ruota evita inoltre flessioni ed attriti anomali, migliorando il rendimento e le perfomance della trasmissione. Le caratteristiche di rigidità del forcellone TORSEN WD, assicurano una maggiore stabilità di guida con un controllo ottimale dello scooter soprattutto in curva e, riducendo al tempo stesso l’usura asimmetrica del pneumatico.


    La linea del TORSEN WD è chiaramente ispirata ai forcelloni delle Moto GP con il caratteristico disegno a boomerang. La marmitta rimane aderente al veicolo permettendo notevoli angoli di piega sulle curve delle piste senza però che lo scarico strisci sull’asfalto.

    TORSEN WD è destinato sia alle gare in pista, sia al normale uso cittadino. Può essere montato esclusivamente se accoppiato alla nuova gamma di marmitte da competizione Big Evolution o alle marmitte Omologate per uso stradale For Race 2 e Scooter Team.

    La gamma di forcelloni TORSEN WD e le relative marmitte che ne permettono il montaggio, sono disponibili per i motori Piaggio sia a carter corto che lungo, per i motori Minarelli serie CW cilindro verticale, serie MY (aria) e serie MA (H2O) con cilindro orizzontale e carter lungo.

    Prezzo a partire da euro 74,50 + IVA

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    Difficile parlare di queste moto. Difficile poter aggiungere ancora informazioni a quanto non abbiano già potuto esprimere loro stesse con i risultati e le performance della stagione appena trascorsa. Già la loro semplice presenza sotto al tendone del team ufficiale, dall’alto del loro perfetto equilibrio sul cavalletto da lavoro, è in grado di trasmettere sensazioni di pura ammirazione, grazie proprio alla cura maniacale dei dettagli che sono in grado di sfoggiare.
    La ricerca della perfezione non viene però ostentata con special parts vistose ed ingombranti, come bullonerie colorate, parti anodizzate ed accrocchi strani, ma sono molto più semplicemente alcuni piccoli dettagli a rendere queste moto dei veri cavalli di razza.

    La base, come sempre, deriva dalla produzione di serie, che una volta sviluppato e definito il prodotto per il model year successivo, passa la palla al reparto R&D che, da lì in avanti, eredita il compito di ricavarne fuori ancora di più in termini di prestazioni, senza andare però a scapito dell’affidabilità. Per scelta aziendale infatti, ci conferma lo stesso Ing. Josef Sperl, capo dello sviluppo dei motori Racing, non vengono mai adottate situazioni estreme con motori ipercompressi e portati al limite, bensì vengono ricercate soluzioni che consentono una continuità nel tempo.
    Tutte le K factory, viaggiano dunque con la benzina tradizionale Vpower, così da poterne garantire la fornitura e le prestazioni ad essa collegate, per tutto l’arco delle trasferte mondiali. Questo non significa che queste arancioni sono delle semplici “travestite” esteticamente, in quanto numerosi accorgimenti mirati portano queste moto ad avere una vera e propria personalità.
    Vediamole nel dettaglio.

    SXF 350 CAIROLI
    E’ stata decisamente troppo forte la tentazione di incominciare dalla moto del Tonino Campione del Mondo.
    La moto più desiderata in assoluto, sia dal pubblico che probabilmente da molti piloti, si rivela in realtà molto semplice da gestire e non particolarmente “personalizzata”. Se non fosse per le distanze ed alcune geometrie riviste per quanto riguarda le misure nevralgiche sella/pedane/manubrio, dove troviamo una sella più bassa ed un manubrio molto dritto e basso, questa 350 si presenta molto simile alla sorella presente nei concessionari.

    In ordine di marcia il discorso cambia, e vengono alla luce le sue peculiarità più marcate come la semplicità e la progressività con cui distribuisce la spinta lungo tutto l’arco di utilizzo, l’erogazione del motore. Rispetto al modello di serie infatti, questa factory, non vanta numerosi cavalli in più, ma è capace di dare coppia e potenza dai primissimi giri motore, fino ad un fuori giri davvero potente ed inimitabile. Acquista quindi quella grande fascia di utilizzo che di serie non ha, permettendo così al pilota di potersi concentrare sulla guida anziché sul repentino cambio di marce.
    Lo stesso Markus Uder, motorista della moto di Tonino, ci conferma che l’utilizzo dello scarico completo Akrapovic, in accoppiamento con la grande flessibilità di gestione del sistema di iniezione elettronica, permette di raggiungere già ottimi risultati in termini di potenza. Grazie a questi accorgimenti infatti, unitamente all’eliminazione del contralbero e di un pistone più leggero, questa tremmezzo raggiunge facilmente i 52 Cv di potenza.
    La vera differenza di questa ufficiale però la si percepisce quando il gioco si fa duro. Una volta prese le misure infatti, il poter osare maggiormente con la manopola del gas permette di scoprirne le vere doti. A differenza di quasi tutte le moto ufficiali testate fin ora, non ho percepito una particolare rigidità nell’assetto ciclistico. La forcella WP da 52 mm di diametro in alluminio infatti, in abbinamento con il nuovo mono dotato finalmente di link, lavora davvero bene e più si affrontano gli ostacoli in velocità e maggiore è la sensazione di stabilità he viene trasmessa.

    Il tecnico WP, Wilfred Van Mil ci spiega brevemente anche i vantaggi dei materiali usati: “il vantaggio dell’alluminio è che rispetto al materiale tradizionale ha delle elasticità differenti. Alle sollecitazioni longitudinali lo stelo classico tende ad ovalizzarsi, a scapito della scorrevolezza interna, al contrario l’alluminio, pur rimanendo flessibile permette una maggiore precisione.”
    Da non sottovalutare anche i vantaggi in termini di peso. Il nuovo mono, dona quindi a questa K una caratteristica tutta nuova, tale da renderla davvero prevedibile ed efficace.
    Altro punto di grande valore è la potenza degli impianti frenanti che, grazie alle pinze e pompe Brembo ufficiali, possono garantire una staccata nello spazio di un fazzoletto.


    SXF 450 NAGL
    Già da un paio d’anni è l’icona della potenza pura. Il suo pilota è un vero pennellatore e pochi possono permettersi il lusso di guidare un mezzo simile per 40 minuti di manche. Anche per il 2010 Nagl sceglie le medesime particolarità tecniche di posizione di guida, confermando la sella con lo scalino, le forcelle oversize e la carta verta nelle zone di contatto con il telaio. Così come per lo scorso anno, questa 450 vanta almeno 7/8 cavalli in più, rispetto alla concorrenza, ma ciò che migliora sensibilmente sulla nuova versione è la precisione con cui questa potenza viene scaricata a terra.

    Nelle ultime due gare della stagione infatti, è stata adottata in versione definitiva (pre-serie 2012?) l’iniezione elettronica anche su questa cilindrata, permettendo ai meccanici di poter intervenire in maniera ancora più analitica sulla gestione dell’erogazione della potenza. La nuova tecnologia ha richiesto l’adozione di un serbatoio un po’ ingombrante (a causa della testa del motore), ma per il resto i vantaggi sono davvero significativi. La potenza massima rimane dunque imbattuta, di buono è che ora questa quattrotì non è gestibile dal solo Maximilian, bensì risulta più accessibile anche a piloti più comuni. Il motore ora è sempre pronto e non si “riempie”, garantendo il tiro motore in ogni situazione che aiuta notevolmente in termini di precisone di guida.
    Quanto alle sospensioni, Nagl ha richiesto un setting decisamente più rigido di Tonino, ma a parte questo particolare, la sensazione trasmessa già dalla più piccola 350 di affidabilità e fiducia è abilmente replicata. Anche in questo caso troviamo degli ottimi freni, leggermente più difficili da gestire in quanto il pilota desidera una corsa molto lunga dei comandi.


    SXF 250 LAIER
    L’ultima, in ordine di prova è la 250 della campionessa Laier. Anche per il 2010, la ragazza di casa KTM sale sul tetto del mondo, relegando le inseguitrici a raccogliere poco più che le briciole. Per lei una 250 model year 2010, ma non per questo meno preparata o curata nei particolari. A differenza delle altre ufficiali, che seppur personalizzate nel minimo dettaglio hanno una linea guida comune, questa è proprio diversa da guidare. La posizione in sella è più contenuta per adattarsi al meglio alle dimensioni fisiche, il manubrio è più basso e la leva del freno posteriore ha una corsa abbastanza lunga. In termini di motore non penso abbia nulla da invidiare alla sorella SXF di Musquin, anche se, a detta della Laier, ne vorrebbe ancora un po’. In termini di ciclistica si percepisce fin dai primi metri la presenza del classico PDS, in particolar modo nelle buche in staccata dove tende a picchiare un po’ sulle creste. Pur essendo una modo studiata per una donna, è probabilmente la più versatile e sfruttabile dalla media degli utenti e quindi sicuramente la più vicina ad un prodotto appetibile.
    Purtroppo non ho avuto modo di provare la moto di Musquin, ma dalle impressioni a bordo pista ho riscontrato un assetto ciclistico particolarmente rigido (il francese si allena spesso in Suprecross) ed un motore che non ha rivali in termini di potenza e progressione.

    Le KTM si confermano quindi come moto vincenti anche nel mondo del cross, non solo nella classe che dominano ormai da anni, ma anche in quella regina dove la scommessa della 350 e di Cairoli ha dato ragione alle persone che solo un anno fa erano state etichettate come folli per aver messo insieme un progetto tanto azzardato. Per il 2011 non sono previste versioni SXS dei modelli di serie, ma il catalogo powerparts, ogni anno più ricco, permette di poter scegliere qualsiasi pezzo speciale e volendo, di realizzare una moto replica Factory.

    Pregi
    Progressività delle erogazioni dei motori | Cura dei dettagli in ogni aspetto

    Difetti
    Posteriore leggermente seduto | Leggerezza all’anteriore
     
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    Öhlins ha presentato all’EICMA il nuovo ammortizzatore per moto fuoristrada TTX44, messo a punto nei GP di motocross dai piloti ufficiali Yamaha Gautier Paulin e David Philippaerts

    Sostanzialmente rinnovato rispetto alla precedente versione, il modello 2011 vanta prestazioni ancora superiori grazie all’esclusivo sistema CSC (Chassis Stability Control) che permette un settaggio ancora più accurato.

    Regolabile in compressione ed estensione alle alte e basse velocità, è composto da un corpo a doppio tubo ø 50 mm con nuovo pistone ø 44 mm e stelo ø 16 mm, valvole riviste, guarnizioni più efficienti e nuove leve di regolazione.

    E’ disponibile con molla tradizionale o a doppia molla che migliora la stabilità in frenata e incrementa stabilità e comfort.

    Ulteriori informazioni possono essere richieste alla Andreani Group International.
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    I compressori si dividono in due grandi categorie: quelli volumetrici e quelli centrifughi.

    I primi spostano ad ogni ciclo una quantità di aria eguale (più o meno) e vengono sempre azionati meccanicamente. Forniscono quindi una pressione di sovralimentazione già elevata sin dai regimi più bassi, che si mantiene pressoché costante per tutto il campo di utilizzazione del motore. Il tiro può quindi essere vigoroso anche quando il motore gira piano. Assicurano inoltre una risposta all’azionamento dell’acceleratore sempre pronta.
    L’azionamento è meccanico e quindi il compressore deve essere collegato all’albero a gomiti mediante una catena, degli ingranaggi o una cinghia (il che pone dei limiti, per quanto riguarda la libertà di posizionamento); per trascinarlo in rotazione si sottrae della energia all’albero stesso e ciò significa che, se il grado di sovralimentazione è considerevole, il consumo di carburante aumenta in misura ragguardevole.

    I compressori volumetrici più impiegati sono quelli a lobi (Roots); li utilizzano tra l’altro alcune Mercedes e praticamente tutti i dragsters americani. Sono del tipo a compressione esterna e ultimamente sono stati notevolmente migliorati. Oltre ai ben noti Eaton, sono abbastanza impiegati negli USA, nel settore del tuning auto, i Camden, Magna Charger, Fageol e Weiand. I recentissimi Eaton della serie TVS hanno rotori a quattro lobi, dal particolare profilo, con andamento elicoidale assai spinto (ben 160° di “avvitamento” dei rotori) e in effetti si avvicinano abbastanza a quelli a vite, in quanto a rendimento e a possibilità di fornire pressioni di sovralimentazione molto elevate, nonché per il fatto di essere a flusso assiale, almeno parzialmente (il che li distacca in misura sensibile dai Roots di schema convenzionale).

    I compressori a palette hanno avuto una notevole diffusione in passato, ma oggi sono poco più che delle curiosità, in campo motoristico, nonostante le loro interessanti caratteristiche.
    Particolarmente validi sono i compressori a vite (Lysholm, Whipple, Sprintex), caratterizzati dal fatto di essere a flusso assiale e a compressione interna. Hanno un rendimento molto elevato e con tutta probabilità offrono complessivamente qualcosa in più, rispetto a tutti gli altri compressori volumetrici; sono però penalizzati da un costo piuttosto alto.


    I compressori centrifughi sono in pratica degli acceleratori di flusso che, a seconda dei casi, possono essere comandati meccanicamente o (come avviene di solito) essere abbinati a una turbina che viene mossa dai gas di scarico e provvede quindi ad azionarli (l’unione di queste due macchine fluidodinamiche costituisce un turbocompressore).
    I compressori centrifughi non spostano la stessa quantità di aria ad ogni ciclo; la loro portata aumenta esponenzialmente con la velocità di rotazione. Quando girano piano, ai fini delle prestazioni è quasi come se non ci fossero. Se sono di dimensioni contenute, per fornire pressioni di sovralimentazione elevate e congrue portate devono girare davvero molto forte: nei turbocompressori, che hanno nel modesto ingombro uno dei loro punti di forza, sono comuni regimi ben superiori ai 100.000 giri al minuto.

    I compressori centrifughi a comando meccanico che sono stati impiegati in passato sulle automobili (basta ricordare le Duesemberg degli anni Trenta e, più di recente i Paxton montati su di un paio di Studebaker) erano dei veri e propri “padelloni” di dimensioni ragguardevoli. In questo modo potevano essere collegati al motore da una trasmissione con un rapporto di moltiplicazione abbastanza umano. Dato il grande diametro della girante, era sufficiente farli ruotare forte, ma senza dover raggiungere regimi astronomici, come quelli degli odierni turbo. I compressori di questo tipo sono particolarmente adatti ai motori che girano a regime pressoché costante, senza variazioni ampie e repentine di velocità, e questo spiega la grande diffusione che hanno avuto sui motori d’aviazione e su quelli delle auto americane da competizione che, a differenza da quelle europee, correvano quasi sempre su piste ovali, tipo Indianapolis.
    I compressori Paxton, notevolmente migliorati tanto a livello di funzionalità quanto a livello di ingombro, vengono tuttora costruiti (basta ricordare la gamma Novi). Altri compressori di tipo analogo sono i Vortech, i Procharger e i Powerdyne, essi pure americani.

    Il compressore centrifugo montato sulla Horex VR6 è un Rotrex, prodotto in Danimarca. I suoi punti di forza sembrano essere due: è piccolo come quello di un normale “turbo” e ha un sistema di comando che assicura un rapporto … stratosferico (la girante arriva a superare i 130.000 giri/min). Proprio il compatto gruppo di trasmissione del moto (coperto da brevetto) è di particolare interesse; la cinghia poly-V infatti aziona un ruotismo epicicloidale costituito da ruote di frizione, e non da ingranaggi, che trascinano in rotazione l’elemento condotto grazie alla presenza di un particolare liquido la cui viscosità varia in misura sensibile in funzione della differenza di velocità e della pressione. Il massimo rapporto di moltiplicazione che si può ottenere è dell’ordine di 13:1, mentre con i gruppi epicicloidali di tipo convenzionale non si va oltre valori dell’ordine di 4 – 5 :1.

    L’azienda danese è in procinto di lanciare un sistema di trasmissione toroidale a rapporto variabile (Torotrak), da abbinare alla trasmissione epicicloidale ora descritta. Grazie ad essa sarà possibile adeguare la portata aria e la pressione di alimentazione in modo da ottimizzarle per qualunque regime di rotazione, ed eliminare i problemi di overboosting e di underboosting che si possono manifestare quando si impiegano compressori centrifughi con rapporto di trasmissione fisso.



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    Perchè torturare così una due ruote di rara bellezza come la Ducati 999R? In realtà questa domanda andrebbe fatta al signor Walt Ross, autore di questo scempio.

    In realtà il crudelissimo Ross ha incrementato la potenza della sua bicilindrica Neil Hodgson Replica grazie ad un turbo Garrett GT2860RS e ad un intercooler a metà strada tra il radiatore di una Lada ed una mazza da cricket.

    Che brividi ragazzi! Se poi avete voglia di dare un’occhiata a un lavoro di un certo livello (Ducati SS 900 Turbo
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    Ducati Desmosedici GP11, la prima dell'era "Rossa" di Valentino Rossi. Il nuovo bolide di Borgo Panigale è stato presentato questa mattina al Wrooom di Madonna di Campiglio.

    Detto in precedenza dei dettagli sulla nuova livrea, a livello tecnico è stato ovviamente l'ingegner Filippo Preziosi a fare gli onori di casa, spiegando quali sono le caratteristiche peculiari della creatura con cui Rossi e Nicky Hayden proveranno a dare l'assalto al titolo della MotoGp.

    A quanto pare, in seguito al test di Valencia ed alle successive indicazioni ricevute da Valentino Rossi, le novità introdotte saranno parecchie: "La GP11 attualmente è allo step 0. Oltre ad avere una grafica che sicuramente apprezzerete, grazie anche ad Aldo Drudi. Le caratteristiche sono quelle provate a Valencia sulle quali poi lavoreremo per svilupparle".

    "Le modifiche principali sono a livello di motore, evoluzioni interne ed esterne all'impianto di alimentazione per ottenere fondamentalmente la curva di coppia più piatta e più favorevole. Quindi un'estensione dell'intervallo tra regime di coppia massima e regime di potenza massima più ampio rispetto al passato" ha esordito Preziosi.

    "A livello di veicolo cambierà molto l'areodinamica. L'obiettivo è quello di diminuire il "drag" e quindi migliorare velocità massima riducendo consumi e front lift così da aumentare la potenza diminuendo al massimo la possibilità di impennate. Ci sono poi una serie di attività che abbiamo messe in cantiere a livello di telaio: ne abbiamo già realizzato uno con differenti rigidezze e torsionalità, un forcellone con caratteristiche di rigidezza diverse" ha aggiunto, confermando quanto già detto anche ieri dal team manager Vittoriano Guareschi.

    Un Guareschi che, insieme al collaudatore Franco Battaini, avrà l'onore di portare al debutto la GP11 la settimana prossima a Jerez de la Frontera. In quell'occasione però non ci sarà la nuova forcella, che debutterà solo in occasione dei test in Malesia con i piloti titolari.

    "Stiamo realizzando una forcella nuova per Sepang adatte per l'idraulica 2011. Per l'elettronica stiamo lavorando fondamentamentalmente sul controllo dell'impennata e sul controllo di trazione. Abbiamo moltissima carne al fuoco e per questo il 17/18 e 19 gennaio saremo a Jerez con Battaini e Guareschi che tornerà in pista".

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    Immaginate di essere un felice possessore di una splendida BMW S1000RR da 190 CV, ma di sentire dentro di voi quella voglia irrefrenabile di aggiungere altra cavalleria.
    Bene, questa è stata l’idea dell’egocentrico Jack Frost, che ha pensato bene di applicare alla sua S1000RR una versione modificata del turbo Garret GT30-71.



    Non è stato certo un compito facile, per Jack, montare un turbocompressore su una moto già piena di alta tecnologia e con vari sistemi di gestione elettronica, ma con la sua esperienza di progettista, maturata negli anni grazie a Holeshot Racing e con l’ausilio di attrezzature adeguate, è riuscito nell’intento.



    Per mettere insieme tutti i componenti necessari alla creazione di questo missile terra-terra a due ruote, sono stati spesi ben 16.500 dollari, tra pistoni, bielle, pompa carburante Bosch, un impianto di scarico Akrapovic e decine di altre parti speciali.



    Sicuramente non la vedremo mai su strada, ma c’è da dire che Jack avrà di che vantarsi con gli amici al bar. Infatti il risultato è una gran bella moto da aperitivo!

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    Per prima cosa è bene ricordare sinteticamente come è fatto e come funziona un cambio motociclistico, del classico tipo in cascata. Ci sono tante coppie di ingranaggi (sempre in presa tra di loro) quante sono le marce e due alberi (uno di entrata, detto primario, e uno di uscita, detto secondario) sui quali sono montati gli ingranaggi stessi.
    Di ogni coppia di ingranaggi in presa, uno è obbligato a ruotare assieme al suo albero, mentre il secondo è montato folle sull’altro albero. Per innestare le marce basta rendere a turno solidali con il proprio albero i vari ingranaggi folli. Questo si ottiene per mezzo di manicotti scorrevoli (vincolati all’albero mediante accoppiamento scanalato e quindi obbligati a ruotare assieme ad esso) muniti di denti di innesto frontali. Al momento opportuno una forcella sposta lateralmente il manicotto, i cui denti frontali (che gli inglesi chiamano “dogs”) penetrano nei vani tra gli analoghi denti ricavati sul fianco dell’ingranaggio folle adiacente. Quest’ultimo viene in tal modo vincolato all’albero, e quindi è costretto a ruotare assieme ad esso. Lo stesso avviene per innestare le altre marce. Ogni manicotto è in genere dotato di denti di innesto frontali da entrambi i lati e quindi serve per innestare due marce, spostandosi (di alcuni millimetri soltanto) prima da una parte e poi dall’altra. Per ragioni di compattezza, nei cambi moderni di norma i manicotti sono “incorporati” in ingranaggi scorrevoli assialmente, vincolati all’albero tramite accoppiamento scanalato e dotati di denti di innesto frontali. Il funzionamento è esattamente eguale. Come ovvio, il moto viene trasmesso dall’albero di entrata a quello di uscita da una sola coppia di ingranaggi alla volta.


    Il cambio Zeroshift
    Nel cambio Zeroshift gli ingranaggi folli sono montati tutti sull’albero secondario. Sono sempre in presa con quelli dell’albero primario e, per una data velocità di rotazione di quest’ultimo, avendo diametri differenti ruotano a velocità diverse. Tra due ingranaggi folli vi sono due anelli scorrevoli, ciascuno dei quali è dotato di tre denti di innesto frontali, di forma particolare. Questi denti fungono da elementi di trascinamento (sono in un certo senso dei veri e propri nottolini scorrevoli di un arpionismo); la Zeroshift li chiama “bullets”, cioè proiettili. Ognuno di essi ha a ciascuna estremità un lato normale, a spigolo vivo, e uno fortemente smussato, ossia conformato come una “rampa”. Per ogni anello vi è una forcella. Nelle immagini fornite dalla ditta inglese questi anelli non sono montati direttamente sull’albero, ma su di un manicotto solidale con esso (evidente la destinazione automobilistica, con gli anelli che prendono il posto dei sincronizzatori).

    Alla base del funzionamento di un cambio di questo tipo vi sono il collegamento non rigido ma elastico (si impiegano apposite molle) tra gli anelli e le forcelle, o tra queste ultime e il tamburo selettore che ne determina lo spostamento, e l’impiego di ingranaggi con denti di innesto frontali dotati di una forma fortemente a coda di rondine. Con il motore in funzione e la frizione innestata, a moto ferma, l’albero primario gira, e così pure gli ingranaggi, ma l’albero secondario no, in quanto il moto non gli viene trasmesso (gli ingranaggi montati su di esso ruotano tutti liberamente, essendo folli). Per innestare la prima gli anelli vengono spostati lateralmente e i nottolini entrano in presa con i denti frontali dell’ingranaggio folle corrispondente a tale marcia. Quelli dell’anello A, con il lato a spigolo vivo dalla parte giusta, si incastrano nei fianchi a coda di rondine dei denti frontali e quindi l’ingranaggio trascina in rotazione l’albero.

    I nottolini dell’altro anello (B) servono in questo caso solo per riprendere il gioco (“backlash”) e non per trasmettere il moto; sono infatti rivolti dalla parte “sbagliata”. Abbiamo in questo modo tre nottolini attivi (trasmettono il moto) e tre passivi. Per innestare la marcia successiva, cioè la seconda, la forcella dell’anello B, con i nottolini passivi, si sposta verso l’ingranaggio posto dall’altro lato. La cosa è agevole in quanto questi nottolini non sono in presa. Anche l’altra forcella tira il suo anello (A, con i nottolini “attivi”) ma questi non mollano la presa, dato che sono “in tiro”, per via degli innesti a coda di rondine. Il vincolo elastico e non rigido tra meccanismo di comando e forcella consente questo. Non appena i nottolini dell’anello B, che ora hanno lo spigolo vivo dal lato giusto, entrano in presa con i denti frontali dell’ingranaggio della seconda, è quest’ultimo, che gira con una velocità più elevata rispetto a quello della prima, a trascinare in rotazione l’albero, il che “sgancia” automaticamente i nottolini dell’anello A, non più in tiro. Grazie alla azione delle rampe (cioè del lato smussato) dei nottolini stessi e delle molle, avviene così il disinnesto, proprio contemporaneamente all’innesto della seconda! Ciò si ripete anche per le marce successive, con quella più alta che, quando entra in presa, automaticamente “tira via” quella più bassa, grazie alla differenza tra le velocità di rotazione. In questo modo il moto viene trasmesso praticamente senza interruzioni.

    Detto così sembra tutto semplice, ma in effetti si rendono opportune delle sofisticate strategie di “addolcimento”, gestite da una centralina elettronica appositamente programmata, che si possono attuare modulando come opportuno l’accensione e/o l’iniezione (ma anche la frizione può essere fatta leggermente slittare). In accelerazione quindi il pilota tiene aperto il gas, non usa la frizione e muove solo il pedale del cambio. Al resto pensa la centralina.

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    Nel corso degli anni la Honda ha depositato migliaia e migliaia di brevetti, che ha poi utilizzato solo in minima parte. Quello qui riportato riguarda un cambio senza “stacchi” tra una marcia e l’altra, il cui principio di funzionamento è analogo allo Zeroshift, da noi già descritto. Pure in questo caso gli ingranaggi folli sono disposti in sequenza, dalla prima alla sesta, e si trovano tutti sull’albero secondario. L’innesto dei diversi rapporti si ottiene però non con dei manicotti scorrevoli mossi da forchette ma con un sistema analogo a quello a espansione di sfere, abbastanza impiegato in passato (lo usava, ad esempio, la Zundapp). Anche in questo caso gli elementi di innesto sono realizzati in modo da “far presa” in un senso, mentre dall’altro sono dotati di rampe per il disinnesto automatico. Non c’è da essere sicuri al 100% che il cambio della motoGP sia fatto proprio in questo modo, ma il brevetto è senz’altro di grande interesse.

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